La Milano Design Week 2025 è una maratona di stimoli, un caleidoscopio di visioni che quest’anno si è aperta con un’intensa esplorazione. La sfida è definire un percorso chiaro e immergersi nel maggior numero possibile di installazioni. Il Salone del Mobile si è evoluto in una narrazione dell’abitare, un cambiamento che ha catapultato il design in una dimensione nuova.
La casa è molto più di un insieme di stanze: è un racconto intimo, un progetto che prende forma tra contesto e desideri, memoria e visione. Ogni dettaglio rivela l’identità di chi la abita. In questo orizzonte, il design non è un gesto autoreferenziale, ma un linguaggio capace di interpretare l’essenza degli spazi, fondendo estetica e funzionalità in un’arte visiva che riflette lo stile di vita di chi li vive.
Il concetto d’abitare si declina nelle varie installazioni, create in appartamenti e dimore storiche da interior designer e architetti, e avallate dalle aziende che lasciano vivere i loro prodotti. Interpretazioni di luoghi e abitudini, dove il design diventa funzionale e si arricchisce di storie. I mobili perdono la loro logica di appartenenza e si trasformano in espressione dell’identità. Il design dialoga insistentemente con la moda, proponendo accostamenti quasi da indossare.
Casaornella
Oggetti accuratamente ricercati, ordinati in una combinazione che contestualizza abitudini e passioni. Casaornella, progetto di Maria Vittoria Paggini, ne è un esempio: l’invito a lavarsi le mani all’ingresso è una proposta tanto arrogante quanto affascinante. Tempi lenti e casa Mediterranea, colori che invadono gli spazi dal soffitto al pavimento. Gli imbottiti di Softhouse si integrano gradevolmente. I riferimenti alle disparate culture mediterranee creano accostamenti inaspettati, generando nell’osservatore il desiderio di rivalutare ogni elemento. Ogni casa dovrebbe aprirsi al concetto del divenire, per stare al passo con i continui cambiamenti senza rinunciare ai momenti off creati dai tempi lenti.
Alcova
Alcova a Varedo. Alle storiche residenze di Villa Borsani e Villa Bagatti Valsecchi si affiancano l’ex fabbrica SNIA e le Serre di Pasino. Quando il contenitore è un’opera d’arte, il rischio è che distragga dai contenuti. Qui, invece, l’attenzione si concentra sulla rivalutazione dell’artigianato e sulla capacità di designer affermati ed emergenti di creare installazioni che dialoghino con l’identità dell’ambiente espositivo.
Artemest
Artemest ha presentato la terza edizione de “L’Appartamento” nell’incantevole Palazzo Donizetti. Sei studi di interior design internazionali – 1508 London, Champalimaud Design, Meyer Davis, Nebras Aljoaib, Romanek Design Studio e Simone Haag – hanno interpretato ogni stanza, esponendo una selezione di arredi, illuminazione, arte e decoro.
Questa è la massima espressione dell’intento dell’art director Ippolita Rostagno: “L’arte è al centro della vita perché ti redime. Artemest nasce dal desiderio di recuperare l’artigianato italiano, evolverlo e metterlo in contatto con il mercato”. Una nuance di colori tenui ammorbidisce il design stilizzato, esaltando con garbo la sontuosa architettura del palazzo. Pietre e metalli si trasformano in una matericità hanno toni suadenti, come nella seduta Charlie, realizzata da Silvana Angeletti e Daniele Ruzza per DA A, azienda di design salentina che unisce le tecniche della produzione di meccanica pesante con il design del mobile.
L’arte è protagonista in ogni angolo, esaltata dal gioco di luci e ombre dell’illuminazione. Gli imbottiti, audaci e imponenti, offrono ambientazioni che invitano alla convivialità. Il design, ancora una volta, si fa interprete delle esigenze dello stile di vita.
La possibilità di visitare ambienti intimi in cui il design d’interni non si riduce a una mera proposta da contestualizzare, bensì a precise narrazioni di usi e costumi, passioni e hobby, a una ricerca e proposta quasi sociologica dell’abitare. In un momento storico così delicato, l’invito è quello di riprendere le redini della creatività in Italia, mentre alcuni visionari l’hanno compreso, altri continuano a barcamenarsi nell’isteria di un mercato estero e isterico, a discapito della propria identità di brand.
Dobbiamo tornare alla sensibilità, rifiutando la dittatura dei numeri. I numeri sono istantanee del mercato, la sensibilità è il motore che lo plasma.